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DAL BUIO, LA LUCE DELLA SPERANZA

Autore: Cinzia Manetti

DAL BUIO, LA LUCE DELLA SPERANZA

Memorie lontane e recondite.

In 582 erano partiti su quel barcone malandato Era notte, il cielo sereno, le stelle lontane brillavano e l’eterea luna piena che faceva capolino dietro una nube e si stagliava alta nel cielo plumbeo della notte, riflettendosi nelle onde del mare, pareva accompagnare le speranze di quei disperati in fuga.

C’erano voluti molti accordi con lo scafista prima di partire. A lui avevano dato i loro risparmi e Jazmin, ed i suoi sedici anni, la madre e sua sorella maggiore tutto ciò che restava della sua famiglia erano riuscite finalmente ad imbarcarsi. Suo fratello e suo padre poeta e letterato erano stati uccisi dalla furia fraticida di quel mostro crudele che è la guerra civile. Avevano vissuto per anni nella città di Tripoli. Tutto un tratto si era levato un fermento di opposizione al regime fino ad allora sopito. Un coro di rivoltosi si erano organizzati e nella città, anche tra coloro che per anni avevano vissuto assieme nello stesso quartiere era giunto il gelo, la paura e la divisione: da un lato coloro che appoggiavano il regime assoldati nell’esercito e dall’altro i ribelli che anelavano la libertà dei paesi occidentali. Gli uomini del potere avevano ordinato ai mercenari di uccidere i rivoltosi senza pietà, così che gli stessi uomini con i quali un giorno si erano condivise parole, risa e spensieratezza si erano schierati gli uni contro gli altri in una guerra fraticida senza ritorno. La guerra, la prevaricazione, ancora una volta avevano ucciso i ricordi, le amicizie e gli antichi legami. Aveva visto con i suoi occhi i compagni di scuola, assoldati nell’esercito governativo abbandonare il pallone, i giochi spensierati e imbracciare un fucile, bambini con occhi smarriti, impauriti sposare a forza la causa della difesa della patria costretti a combattere quella guerra insensata.

Quella notte Jazmin stipata a forza nella nave per farsi coraggio si era stretta forte a sua sorella e mentre il barcone malandato affrontava incerto le onde del mare nel buio della notte gelida, facendone vacillare il carico, aveva visto in lontananza le luci della sua città, la casa vicino al porto dove era nata squarciata pochi giorni prima da una bomba, la cupola della moschea luccicante, farsi sempre più lontane fino a divenire un minuscolo puntino lontano e impercettibile fino ad essere inghiottite nell’orizzonte lontano.

Con il buio aveva sentito divampare dentro un grande freddo. Ricordi, dolore. Gli uomini del potere dopo aver ucciso i suoi cari accecati dall’odio e dalla vendetta, l’avevano rincorsa e raggiunta si erano avventati su di lei e lì sola vicino al centro, dove un brulicare di persone uscivano dalla moschea e frettolosamente raggiungevano i rifugi per proteggersi dalle bombe, in un portone aveva subito il più lacerante degli abusi che una donna può patire.

Così senza chiedere permesso, in quegli attimi senza fine assieme alle vesti strappate a forza, le avevano portato via tutto, la spensieratezza, i sogni, la vita stessa. Lei bellissima che adorava la vita, così viva nel corpo e nell’anima, si era arresa a quella crudeltà senza fine che la vita le riservava. Il rumore di uno scoppio vicino li aveva fatti fuggire. Dopo si era ritrovata in un angolo a piangere e le sue lacrime avevano bagnato i suoi vestiti, il marciapiede e come un fiume che tracima avevano esondato dagli occhi fino in fondo alle sue viscere, nell’anima. Nessuno l’aveva soccorsa, nessuno si era accorto, nessuno aveva cambiato la sua strada per difenderla, nessuno. Una bomba aveva squarciato la loro casa.

Arrivarono dopo tre giorni a Lampedusa senza acqua né cibo. Nel campo hanno dormito in una tenda assieme ad altri profughi. alcuni uomini si sono coperti con un nylon. La notte stessa una barca era affondata, il mare mosso aveva inghiottito una bimba di due anni, piccola, indifesa, senza colpa, come una piccola margherita che ha appena aperto i suoi petali alla vita…

Ma ci sono anche storie di speranza e di integrazione. Una mattina sono stati ricoverati in ospedale due giovani Ysuf e Ahamed che appartenevano a due religioni diverse, l’uno mussulmano, l’altro legato alla esigua minoranza cattolica libica, ma con una comune passione: la musica. Entrambi, infatti, nella vita erano musicisti: il primo suonava il flauto, l’altro cantava. Si erano conosciuti durante la traversata, non sapendo di avere diversa religione. Il viaggio subito aveva segnato le loro vite ed i loro corpi. Ahamed era caduto in mare e si era ferito ad una gamba urtando contro il ferro dell’imbarcazione. Yusuf si era gettato tra le onde e per salvarlo aveva riportato alla testa una lesione cranica. In ospedale ad Ahamed era stata amputata la gamba ferita. Ma proprio grazie a quel gesto di altruismo e coraggio era nata una grande amicizia. Dopo il ricovero erano ritornati al campo profughi. Yusuf con la benda alla testa sorreggeva Ahamed che camminava con le stampelle. Ancora una volta il cuore degli uomini si era incontrato.

Dopo qualche giorno, una mattina ha piovuto. Una pioggia fitta e impenetrabile che come una cascata è scesa dal cielo ed ha inzuppato la terra arida. Jazmin ha pensato alla sua terra lontana, al deserto a quella distesa immensa, silenziosa e tanto amata. Poi il temporale è terminato ed una brezza lieve lentamente ha portato via le nuvole una ad una ed un sole caldo e ristoratore è risorto rischiarando ed illuminando il cielo etereo. Solo allora nell’orizzonte lontano si è levato un arcobaleno.. maestoso grandissimo e meraviglioso. nato dalla pioggia come un abbraccio ha unito con i suoi colori i lembi di terra che il mare divideva. Un breve lampo di leggerezza in quello smarrimento di esistenza. Jazmin ha pensato intensamente al suo paese ed immaginato che dalla linea tra cielo e mare, la sua terra lontana e il suolo del paese che adesso le offriva un rifugio, adesso fossero unite da quel meraviglioso abbraccio. Quel maestoso arco di luce per un momento aveva congiunto le terre martoriate dalle guerre con il paese che la ospitava unendole in un solo corpo, in un’unica entità senza più separazioni, senza più intolleranze.. Quei mondi in fondo sono divisi solo nella testa e nei cuori degli uomini, ma nella natura espressione dello stesso unico amore. Dall’orizzonte lontano le è parso che la piccola bimba inghiottita dalle onde finalmente sorridesse per quella nuova speranza. Ha immaginato e fortemente desiderato, che quell’arcobaleno di luce per un attimo penetrasse anche dentro i cuori degli uomini. Poi assieme a quel bagliore dal cuore è sorto un pensiero: “Un desiderio per tutti coloro che non riescono a vedere al di là di chi sono, per tutti coloro che accecati dall’ingordigia e dalla sete di potere non sanno cogliere l’essenza della vita. Un desiderio perché in questo mondo di intolleranza e di barbarie ciascuno possa riscoprire dentro di se la leggerezza, l’unicità e la profonda meraviglia dell’esistenza. Un desiderio di speranza, che spesso pare sempre più lontana e irraggiungibile, eppure non lo è “Se solo volgessimo lo sguardo dove non lo posiamo mai”. Come un’immensa carezza una lacrima lieve le ha solcato le guance, poi di nuovo un soffio di vento leggero le ha accarezzato i capelli ed il viso e all’improvviso ha sentito il suo cuore vibrare, ha chiuso gli occhi e per un momento lì vicino a sè ha percepito l’abbraccio di suo padre e udito la sua voce adesso vivida come non mai ed è rimasta lì incantata in quell’ascolto infinito.“Siamo tutti insieme figli dell’universo, figli di un unica onda che vibra, figli di quell’unico amore intimamente connessi gli uni agli altri e desideriamo tutti pace e amore.” Poi la penna ha proseguito il suo tratto nel piccolo bloc notes del padre ”La pace e l’amore sono le forze che muovono l’universo e sono vive e palpitano anche dentro di noi nel nostro cuore. Perché noi siamo amore e siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatte le stelle.”

Descrizione dell'Opera: è la storia realmente accaduta di una donna dei nostri giorni. E’ stato scritto con l’ unico intento di diffondere un messaggio di speranza e positività e sorrisi per riuscire a cogliere tutta la bellezza che promana la vita e che voglio diffondere nel nostro tempo. Parlare di pace, di tolleranza e dell'incontro tra i popoli e le culture è infatti il mio impegno di scrittrice ma anche di vita da molti anni. “Dal buio la luce della speranza” muove dall’intento di sensibilizzare il lettore verso la condizione femminile delle migranti che in quanto donne sono soggette a moltissime violenze fisiche e psicologiche. Jasmin, la profuga libica che ho conosciuto personalmente, ci insegna con semplicità ad accogliere i dolori con dignità, le benedizioni con gratitudine, soprattutto ci insegna a diffondere Amore con ogni mezzo anche con una semplice carezza, con un sorriso, aiutare, nutrire compassione, ringraziare ed essere gentili incondizionatamente.