Fede
dall’ora lucida distratta
come di asfalto appena spiove
rifugiandosi nella sera
fra polvere amichevole e secondi
nell’angolo in penombra della stanza
nel solitario battere
tamburino incastrato in mezzo al petto
rapidissimo d’ali venature
ninna nanna di plancton sulla rena
un frammento di fede
nel dio di necessario orrore
tra i ribelli cacciati sulla terra
che vagano rasente ai muri
alacri nella notte circospetta
guardando nulla ma disperso lume
temendo nulla ma su dura pietra
in cerca la speranza quasi asciutta
la gialla carità differenziata
di un fulmine che rida
una neve che dorma
un uomo che bianco susino
fiorisca nella pace di ogni giorno