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Il racconto delle note stonate che divennero armonia

Autore: MARIA PALMA

Si racconta che un giorno Pietro Mancini, conosciuto da tutti per le sue doti artistiche in campo musicale, durante l’ennesimo concerto in giro per il mondo essendo un direttore d’orchestra, rimase gravemente ferito a causa di un bombardamento che aveva colpito il teatro dove si dava un concerto. Si trattava di un evento drammatico che all’improvviso aveva visto la città assediata e bombardata per mano del nemico. Lo scenario apparve subito tragico e la paura che la situazione potesse precipitare da un momento all’altro era ben evidente. La maggior parte delle persone che erano dentro il teatro per assistere al concerto cerarono rifugio nei sotterranei, lo stesso Pietro Mancini insieme ad altri feriti furono soccorsi ed aiutati a nascondersi per evitare il peggio. Numerose persone invece a causa della gravità in cui si erano trovati cercarono di allontanarsi da quel luogo, intenti a raggiungere per vie traverse un posto più sicuro. Tutt’intorno quello che era rimasto del teatro erano solo alcune navate, dove brandelli di drappi sparsi un po’ dovunque avevano immortalato l’effetto distruttore del bombardamento. Per la maggior parte dei feriti rimanere nei sotterranei era certamente l’unica soluzione, a causa della difficoltà di una precaria mobilità. La paura regnava sovrana, ma il conforto reciproco tra chi aveva subito delle ferite e quanti erano rimasti per garantire un primo soccorso significava tanto. Quella complicità si era trasformata in qualcosa di speciale, cercando di alleviare quelle sofferenze, che anche se non gravi tamponate con pezzi di stoffa racimolata qua e là, offriva a ciascuno la speranza che quel terribile evento vissuto come un fulmine a ciel sereno, un giorno sarebbe stato un lontano ricordo. L’aria che prima sapeva di un fresco richiamo di gelsomino, che come per incanto accompagnava in maniera celestiale il continuo vibrare delle note nell’esecuzione dell’opera messa in atto durante il concerto, ora un grigiore cupo segnava ogni cosa ed il respiro attingeva un acre e malsano odore che rendeva pesante l’atmosfera, anche se a sprazzi un lieve venticello cercava di  intrufolarsi tra le numerose crepe dell’edificio distrutto, come a volere spazzare via quell’insalubre aria e regalare un po’ il ristoro. Quell’armonia che per circa un’ora aveva deliziato tutti i presenti, si era trasformata in un concerto di pianti ininterrotti, dove il pensiero di non farcela rendeva ancora più angosciante il distacco di non poter più riabbracciare i propri cari. Il continuo suono di sirene era diventato una costante. L’intervento dell’esercito giunse tempestivo, anche se l’attesa in quel luogo di fortuita sopravvivenza sembrava un’eternità. Per un attimo il volto rassicurante di quei militari sembrava avesse fugato quell’immane terrore di distruzione. I militari con grande dedizione allontanarono da quel posto tutti i superstiti. I feriti furono condotti nel vicino campo medico, per essere medicati per le ferite riportate durante il bombardamento. Anche il maestro Pietro Mancini ricevette tutte le cure necessarie, e rimase nel campo fino a quando il responso medico ne firmò la dimissione. Per il maestro furono giorni di profonda amarezza rivivendo specialmente durante la notte la visione di quell’atroce esperienza, dove l’agire umano spesso travalica ogni senso di umanità.  Si tratta di menti malate avide di potere, supremazia e qualsiasi forma di arroganza pronte come mine vaganti a colpire intere popolazioni, per la smania di un potere assoluto. Il cielo si vestiva di un fosco grigiore, a malapena un lieve raggio di sole faceva capolino, come a voler donare un po’ di sollievo alle tante persone impaurite e sofferenti, che erano in cerca di trovare un posto sicuro, lontano dalle macerie che coprivano quasi la totalità della città. Sparuti cinguettii di uccelli di tanto in tanto giungevano, come refrigerio e conforto in quella condizione di precarietà, che aveva spezzato via la normale quotidianità di tante famiglie. Il dolore e l’angoscia si erano impadroniti di quei tanti volti smarriti, in quella nuova realtà assai tragica ed incerta, che all’improvviso aveva stravolto ogni cosa. Quel cambiamento repentino si colorava di tinte sfumate tra gli infiniti fotogrammi, che raccontavano tanta ferocia per mano di uomini assoldati, pronti a commettere qualsiasi misfatto senza pietà. Per il maestro quei giorni rimarranno indelebili nella sua mente, e l’essere uscito quasi indenne da quell’inferno che copriva ogni angolo della città, lo considerò un vero miracolo. Il ritorno a Milano fu accompagnato da una grande partecipazione di affetto dell’intera comunità, che in maniera solidale s’impegnò nell’invio di aiuti umanitari nelle zone colpite da quell’immane evento, che semina solo morte e distruzione: la guerra. Un’esperienza particolarmente vissuta con trepidazione, portò nei giorni a seguire il maestro a corrispondere con il suo impegno professionale la sua vicinanza all’intera popolazione uomini, donne e bambini rimasti in quel posto, prigionieri di quella forza assassina, guidata da chi spinto da una smisurata voglia di potere non lasciava senza tregua l’assedio della città. Di fronte a questo pericoloso convincimento di dominio assoluto, da parte di menti malate, l’opera del mastro Pietro Mancini determinò una svolta nel contrasto a quell’agire criminale. La guerra è un barbaro massacro di vite umane, che sa di totale egemonia annientando per sempre ogni forma di libertà, dove si alimenta in maniera smisurata la linfa della vita. Per il maestro fautore di numerose composizioni risvegliarsi in un luogo sicuro, lo portò a manifestare la sua vicinanza a quella gente afflitta e disorientata. Il suo intento fu quello di comporre una nuova sinfonia, che esprimesse a pieno titolo la difficile e tormentata realtà che un conflitto crea, destabilizzando quelle che sono le normalità del quieto vivere che invece ci rinfrancano. Spesso quando sembra tutto perduto, il coraggio di adoperarsi messaggeri di pace può invertire la rotta, portando sollievo e speranza a chi soffre, e all’improvviso quando tutto sembra perduto la vita può risorgere. Quel sipario che era stato trafitto da sangue innocente, ora è diventato per il maestro nuova sorgente di vita, un punto di forza allontanando per sempre quell’alternarsi malefico di note stonate come l’odio, l’arroganza, il potere, la supremazia, la sopraffazione e tutto ciò che si può ricondurre all’annientamento della dignità umana, che azzera ogni forma di libertà. La voce incantevole di ogni singolo musicista, diventa la chiave di lettura di ogni suo concerto. Un susseguirsi di immagini accompagnate da quelle voci, insieme ai vari suoni degli strumenti musicali presenta in maniera commovente al pubblico come un fiume in piena la straordinaria esecuzione di un inno alla pace. Quella scenografia si manifesta intensa di emozioni, come un arcobaleno che spunta maestoso all’orizzonte e allieta la visione di chi lo ammira, dopo un temporale che a volte porta con sé quanto di bello la natura ci dona. Dal palco s’innalza grandioso quell’inno di pace scandito da un continuo susseguirsi di voci che esaltano in maniera trionfale ciò che la pace racchiude: la Giustizia che ci chiama alla legalità; il Rispetto che ci conduce all’umiltà; la Tolleranza che ci porta ad essere pazienti; la Solidarietà che ci rende vigili; la Commozione che rafforza il nostro io; la Pietà che abbraccia il sacrificio; la Bellezza che ci rende custodi; l’Armonia che guida i nostri pensieri; la Gentilezza che ci porta ad accogliere l’altro; la Fraternità che alimenta il nostro cuore; la Tenerezza che ci rende disponibili; il Sorriso che dona sollievo; il Perdono che non conosce limiti; la  Condivisione che rafforza il nostro essere; il Silenzio che rinfranca l’anima ed infine la Serenità  generatrice di ogni bene. Queste voci rappresentano la vera via da alimentare perché allontanano per sempre tutte le malvagità, rispondendo unanimi a quell’accorato grido di pace, che ha segnato nel tempo ed anche ai nostri giorni intere popolazioni martoriate dalle guerre. Il sipario si chiude accompagnato da un lungo applauso ricreando una perfetta armonia.