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Racconto

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Luce

Autore: Charlotte Maria Pitton

Una piccola luce viaggiava tra i tetti di una Venezia sommersa nella notte. I gabbiani, svegliati da quel fastidioso faro, all’inizio si lamentarono, poi si misero a inseguirlo.

Da distante si sarebbe detta una lucciola o il riflesso di una goccia di pioggia. Navigava nell’aria umida della laguna e s’insinuava tra i muri delle case pendenti, nascondendosi tra mattoni ancora in bella vista.

D’un tratto una luce più grande abbagliò tutti i gabbiani. Il sole stava sorgendo. Era venuto a riprendersi un pezzo di sé.

Gli esseri umani che erano riusciti a imbrigliarlo in teche di vetro, si ribellarono, lo nascosero e non producendo ombra alcuna, fu sufficiente lasciarlo alla luce del sole perché fosse celato ai suoi occhi.

Così facendo, anche gli umani lo persero di vista, convinti che la loro trappola fosse ineguagliabile e che il sole non potesse aiutare il suo raggio a fuggire. E quando a sera il sole, stanco di cercare, si spostò in altro luogo, gli umani non trovarono che un lume spento nelle loro lampade a olio. La piccola luce era scappata.

La cercarono in lungo e in largo, ma le notti erano sempre più buie e di giorno, nella luce, era impossibile distinguerla.

Un giorno arrivò sulla terra una bambina che aveva le fattezze di una fata, tanto piccola era. Sorrideva e con il suo sorriso portava felicità in ogni luogo. I suoi occhi ammaliavano ogni altro essere umano, facendo di questo il suo servitore.

Nei mesi a seguire, tutti gli umani dimenticarono la perdita della piccola luce.

La bambina crebbe per essere donna, rimanendo piccola, continuando a sorridere, continuando a portare contentezza nella sua porzione di mondo.

Parlava di pace la bambina, ormai fattasi donna. Parlava di amore, di uguaglianza, di anarchia. Parlava di coloro che scappavano di casa, di coloro che facevano schiavi umani, animali, piante ed elementi naturali. Parlava ma nessuno la ascoltava; ognuno di loro voleva solo guardarla. Cercarono di chiudere anche lei in quella teca, ormai appannata e polverosa. Ma la piccola donna stava morendo, sempre più soffusa, perdeva la vita: il sorriso si trasformò presto in una smorfia di apatia e dolore e gli occhi divennero vitrei.
Solo per un istante, gli umani credettero di vedere nel suo sguardo quella luce che un tempo era scappata. Così si ricordarono di lei e capirono che, se mai l’avessero rinchiusa, sarebbe rimasta con loro, disposta ad accompagnarli. Loro le avrebbero dato corpi per produrre le ombre, e in questa creazione stava il senso della sua libertà  Lei avrebbe illuminato la loro vita, anche nelle ore più buie.

La bambina fu lasciata libera di girare per le calli di Venezia. Per tutta la vita rimase tra gli umani e i gabbiani, e portò loro gioia e pace, e nessuno volle più domare la luce.

Descrizione dell'Opera: Questo racconto è nato per caso una notte a Venezia. Poco prima dell'alba, le luci degli ultimi locali, rimasti aperti più a lungo del solito, iniziano ad affievolire e il sole sorge sulla laguna. Gli abitanti della notte sembrano dimenticare quel passato prossimo, le discussioni al bar, dopo qualche bicchiere di vino. Adesso si torna a casa. Ma dov'è finita quella luce che illuminava le discussioni politiche, di vita e d'amore? Dov'è finita la forza della parola e degli abbracci? Si nasconde dietro le necessità del giorno che riporta ognuno di noi alla routine costretta di questo mondo capitalista e consumista. E dell'emozione vera, quella che parte dallo stomaco, non c'è più traccia. Questo racconto vuole riportare l'attenzione sulla naturalità dell'essere umano, sulle sue preoccupazioni, sulla ragione quando, persa la paura, della vita comune del giorno non ricordiamo nulla.