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Racconto

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Luci nel borgo

Autore: Luci nel borgo

LUCI  NEL  BORGO

 

Ci torno ogni tanto con la mente. E quei giorni lontani mi portano quiete. Nella casa sul dorso alto della collina, passavano i giorni migliori della mia vita. Ricordo che era estate; una delle prime estati della mia infanzia. Nelle sere, al chiarore rosato del sole che non voleva calare, mi fermavo ad osservare la vallata, così dolce e cosparsa di vigneti. Giù, in basso, scorreva il fiume; ne distinguevo la vena azzurra e la striatura di spiaggia chiara, di sabbia e di sassi, che lo costeggiava. Poi vedevo accendersi le prime luci nell’azzurro che cominciava a farsi più intenso: erano i lampioni del ponte che annunciavano in segreto il sopraggiungere lento della notte. Una magia che mi incantava e mi lasciava muta, seduta su sasso squadrato in una sorta di religiosa e inconsapevole contemplazione. Piano piano le luci delle abitazioni si accendevano tutte a rischiarare, con i loro aloni dorati, il piccolo borgo a piedi della collina. La casa alle mie spalle era abitata solo d’estate e qualcuno sempre mi raggiungeva a condividere, con le parole o col silenzio, quella sorta di rito benefico per l’anima. Poi la strada bianca di sassi, che collegava la casa al paese e che si snodava sinuosa tra le vigne, spariva d’incanto mentre l’azzurro della sera si trasformava nel blu della notte. Ricordo che un giorno, di un luglio secco ed assolato, mia nonna mi disse che quella sera in paese si sarebbe festeggiato il santo patrono. Disse che saremmo andate alla festa e che saremmo partite al calare del sole. Fu una gioia immensa; avrei visto da vicino quella magia che avevo solo colto da lontano: la sera nel borgo illuminato. E proprio a sera partimmo. Indossavo mio abito migliore; un vestitino cucito pochi giorni prima da mia madre; era stato abilmente ricavato da un pezzo di stoffa ritagliato da un abito smesso e fuori moda, donato da una villeggiante giunta dalla città. La nonna mi disse di indossare gli scarponcini; i sandali li avvolse in uno straccio e li pose nella borsetta nera di pelle ormai consunta. Poi ci avviammo; era ancora caldo, ma un refolo di vento ogni tanto alleviava la calura e il canto ininterrotto delle cicale mi sembrava già un preludio alla festa che avremmo vissuto; ogni tanto, dopo una curva polverosa, ci sedevamo su un sasso all’ombra di una quercia e sempre domandavo quanto tempo mancasse all’arrivo. Osservavo curiosa i filari che costeggiavano la strada e immaginavo che, alla fine del loro stendersi ordinato fino al fondovalle, ci sarebbe stato il paese. E così fu; la frontiera immaginaria tra il paesaggio conosciuto ed il borgo che non avevo mai visto da vicino si dispiegava davanti ai miei occhi. Prima di imboccare la strada asfaltata del borgo la nonna mi fece fermare e mi fece togliere gli scarponcini rovinati per sostituirli con i sandaletti che teneva nella borsa; così fece anche lei con le sue scarpe vecchie che vennero prontamente raccolte nello straccio con le mie polverose calzature e subito nascoste dietro un folto cespuglio di rovi. Quando giungemmo al paese già si stavano accendendo i lampioni sul ponte; li riconobbi e provai una gioia intensa e profonda; forse fu la prima vera gioia della mia vita, su cui credo si sia generato quel senso di stupore e meraviglia che ancora oggi mi accompagna quando contemplo certi paesaggi e la natura che li compone. Il paese era vestito a festa; tanta gente affollava il borgo che, in quel momento, mi pareva enorme. Ci avviamo verso la chiesa; frotte di uomini, donne, bambini si avvicinavano all’ingresso con rispetto. La nonna si coprì il capo, imbiancato dai suoi candidi capelli raccolti, con un velo nero ricamato e mi invitò a prendere il cero per la processione; ci guardammo soddisfatte e poi iniziò il rito religioso. Quella camminata così intensa, per le vie del borgo fino ai margini del torrente, fatta di passi e preghiera mi entrò profondamnente nell’anima come un dono, di quelli che la vita riserva in pochi momenti del suo fluire e che lasciano un segno indelebile per l’avvenire. Percepivo il calore della candela che reggevo con le mani e ancora una volta ero abbagliata dalla luce, ma questa volta di un bagliore nuovo, fatto di anima e spirito. I canti e le preghiere si fondevano in quel chiarore profondo che si rifletteva sui volti e si tingeva di una realtà incorporea, ma ancora più viva e vera di quella concreta che potevo toccare; quelle persone che partecipavano alla celebrazione formavano una sola voce, una sola anima, tesa nella stessa direzione, verso un altrove che non era possibile capire, ma si poteva solo intuire e in cui sentivo fortemente di credere. E’ stato così che quella sera e la sua luce mi hanno svelato una dimensione nuova, mai percepita prima. Un momento forte il cui sigillo è rimasto stampato nell’anima; astratto come la luce delle candele, dei lampioni lontani sul ponte, delle finestre del borgo a sera, della luna e delle stelle nel cielo blu, ma potente come tutti i segreti movimenti dell’anima; sicuramente sempre presente nella parte più profonda dell’esistenza. Percepisco ancora, ogni tanto, la forza segreta di quel momento lontano, soprattutto quando la mia mente scivola nei sogni, o ha bisogno di segni di speranza, di un rifugio o di un conforto. Quando la funzione fu terminata la nonna spense la candela e mi condusse verso il borgo in festa. Prima di avviarci al ritorno mi prese per mano; lì vicino una bancarella vendeva dolciumi. Mi comprò una grossa palla di zucchero colorato e me la offrì in silenzio come un dono prezioso. Così la percepii. Ero profondamente felice. Quando ci accostammo alla strada di sassi per risalire verso la collina, nel cespuglio c’era ancora l’involucro con le scarpe vecchie e impolverate: le cambiammo e incominciammo a salire. I filari si stendevano silenziosi e accompagnavano la nostra strada; immaginai che stessero dormendo quieti. Era orami notte, ma non serviva far luce. Una frontiera meravigliosa era stata oltrepassata; la luna brillava grandissima nel cielo, il borgo splendeva di bagliori, il cuore era infiammato d’amore per la vita.

 

 

 

Descrizione dell'Opera: Racconto autobiografioco: la pace di una collina e la scoperta delle luci della vita.