Pezzo
la voce frange nella stanza estiva
mare in moltitudine di risacca
per placare lo scempio della pace
e nel lacero fumo che mai dietro
sempre davanti a lei dispone il vento
infine rimanere senza fiato
quella notte a dormire sulla sabbia
troppo affollato il campo prigionieri
all’alba mi svegliai non si svegliò
dino accanto a me da mestre la gola
aperta i piedi scalzi rubati gli scarponi
a lui rendeva onore
frenetica sfilata di formiche
sottobraccio alla sorte se cattiva
cattivo buono se buona a uno a uno chiesero
fascista cooperare cobelligerare
no sì no a fianco del mio nome sulla lista
i primi sì cattivi in buona buoni i secondi
i terzi morti in altra buona guerra
di quelli che cercavo di ammazzare
sul libro paga fattorino addetto
servizio forze armate americane
donne consunte intorno al nostro campo
a noi bravi italiani chiedevano favore
il nostro pane per il loro corpo
questo il favore i più bravi tra noi
dopo regalavano loro un sacco
di risa e berci da portare a casa
uno si tagliò i baffi se dicono alle amiche
di stare a largo dal moro coi baffi
dicembre del quarantacinque quando
tornai in italia e non la riconobbi
aveva la pelle arsa screpolata rughe
profonde dentro a queste rigermogliare il tempo
come gramigna fra le vecchie pietre
tornate in africa pezzi di merda
lo sai che ho visto anche stanotte gli occhi
sconnessi sbattere e spruzzare il sangue
via sui miei calzoni da quella testa
rotolata a terra del capitano
ci disse al primo sbarco
ragazzi correte senza pensare
e sparate così si torna a casa
due anni insieme gli volevo bene
ora sto qui lavoro bevo il tè
ti racconto dormo malvolentieri
un fondello di bomba a lui sul collo
lo sguardo tace nella stanza chiusa
nella risacca sasso millenario
rossovenato liscio qualcuno lo ha toccato
e ricordando lo ha lasciato in acqua