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Sentieri di pace

Autore: Angelo Paganini

Sentieri di pace

Ce l’ho fatta! 28 anni e sono già ambasciatore. Be’, non ci voleva andare proprio nessuno: nuovo stato, nuova capitale, tutto da impostare…

La Gazzetta di Terenta, mi dedica un articolo in prima pagina. In tutte le librerie c’è il mio libro in vetrina: Sentieri di pace. Una prospettiva per l’Africa.

Molti stati africani tengono insieme etnie differenti per tradizioni, lingua, religione. Così sono costretti a usare come lingua ufficiale quella dell’antico colonizzatore.

Qui l’unità non ha retto: son nati due stati. Sarò ambasciatore a Cabo Branco: paese povero, popolazione in maggioranza cattolica, lingua ufficiale il portoghese, capitale Rio Cansado.

Il volo è andato bene. All’uscita un giovane con un cartello: ALDO MASER. È Ugo Lai, carabiniere.

Con l’auto dell’ambasciata percorriamo la strada che collega l’aeroporto alla capitale. «Una delle poche strade decenti del paese» mi dice Ugo. Da una parte l’oceano immenso, dall’altra verdi alberi e qualche villaggio dove si produce maruvo, il vino di palma.

Nella capitale, un traffico caotico. Procediamo lenti fino ad una bella piazza con alberi e fiori: Praça da República, cuore della capitale. Accanto agli uffici del governo, spicca l’edificio della nostra ambasciata. Un furgone malandato ne ostruisce il passo carraio.

«Poco male – penso – entrerò a piedi».

L’autista dell’ambasciata resta al volante. Io e Lai scendiamo. Un giovane mi viene incontro, sorridente.

Una luce abbagliante, un dolore al petto. Passa subito. Sono in piedi, tranquillo, in pace. Tutto intorno è il caos: corpi feriti, sangue, e rottami.

Che cos’è successo?

Odo sirene. Ambulanze?

Dall’ambasciata escono due carabinieri ed un sanitario. Vanno verso un corpo disteso. Si chinano per assisterlo. Strano, indossa abiti uguali ai miei. Tentano di rianimarlo ed intanto chiamano: «Ambasciatore, ambasciatore…» Possibile che quel corpo sia il mio? Allora, come posso star contemporaneamente qui, sereno, ad osservare?

All’improvviso, mi ritrovo sospeso in aria e capisco: sono morto o sto morendo.

Anche il giovane sorridente è sospeso con me e con altre persone. Tutti con la stessa espressione di sorpresa.

Tra i sospesi non vedo Lai. È seduto per terra, con l’aria assente, in stato di shock. Il mio corpo lo ha riparato.

Un altro giovane arriva di corsa. Capisco le sue intenzioni. Cerco invano di avvisare i carabinieri. Ma uno di loro lo nota. Impugna l’arma. Spara. Il giovane cade.

Gesto di sconforto del sanitario: nessun segno di vita dal mio corpo.

Come foglie portate dal vento ci innalziamo ancora lungo un tunnel oscuro. In fondo al tunnel si vede una luce calda. Incontro ci vengono altre figure. Una mi è nota. Mi abbraccia: è la mia bisnonna, Ida Cori. Mai vista così in forma: a sessant’anni, nelle foto, pareva già decrepita.

Alla fine del tunnel la luce ci accoglie. Luminosissima, eppure non abbaglia. È come se fosse una persona, attenta e piena d’amore. Che sia Dio?

Mi parla: «Benvenuto Aldo. Ti aspettavo, ho bisogno di te».

Vedo anche gli altri, attenti, come se ascoltassero, o mentre parlano. Ma non intendo cosa vien loro detto né quel che rispondono.

La luce parla contemporaneamente in modo diverso con ciascuno di noi. Come fa? Che cosa vuole proporci? Non ci aspettano inferno, purgatorio o paradiso? Sembra che Dio, se è Dio, abbia in mente altro.

Ci ritroviamo tutti insieme, uomini, donne, cristiani, musulmani… C’è anche una giovane cinese.

La luce parla ancora: «Venite da un mondo pieno di odio, di violenza, di ingiustizia. Si uccide in nome di Dio. Pensate che Dio abbia bisogno che facciate i boia per lui? Avrebbe bisogno della vostra violenza? Voglio che si faccia meglio. Creerò un nuovo mondo e voi vi rinascerete, sempre con i pregi ed i difetti degli esseri umani. Vi voglio responsabili in prima persona, verso di me e verso gli altri. Non dovrete eseguire comandi divini, ma determinare, liberamente, accordandovi, che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, come dovrà essere organizzato il mondo in cui andrete a nascere. Attenzione, però, non rinascerete uguali a come siete stati e non ricorderete la vita precedente. Nessuno di voi sa se nascerà bello o brutto, sano o malato, intelligente o no, donna o uomo, forte o debole, ricco o povero. Nessuno sa quale sarà il suo colore della pelle o secondo quale religione verrà educato. Però, ecco la vostra grande possibilità, potete concordare ora, prima di rinascere, le regole fondamentali del mondo in cui andrete a vivere. Quali vorreste? Discutetene».

La luce ora tace. Ne sentiamo la presenza, l’amore. Il giovane sorridente, autore dell’attentato, sembra aver dimenticato le uri. Mormora: «È bello per noi restare qui».

Lo pensiamo tutti. Non sentiamo risposta. Non so se la luce parla soltanto a lui, ma lo capiamo: Kader, così si chiama, ha accettato il compito che ci è stato assegnato. E anche noi.

Dobbiamo discutere. Un’assemblea nell’aldilà. Chi lo avrebbe mai detto?

Cominciamo. Parla subito Ftah, il giovane colpito dal carabiniere. Non conosco la sua lingua, ma , come tutti, capisco quel che dice: «Che c’è da discutere? La nuova società deve essere musulmana, sottomessa a Dio ed alla sua legge».

«Forse non hai capito che cosa è successo e che cosa ci è stato chiesto. – interviene Yinuo, la giovane cinese – Non hai trovato le uri ad accoglierti festanti. Ti è stato detto che Dio non aveva bisogno che tu cercassi di fare il boia per lui e, infine, se ci pensi bene, non sai chi sarai nel nuovo mondo. Invece che maschio, nero, musulmano, potresti nascere donna, bianca, ebrea, omosessuale, da genitori atei. Come la metteresti con quelle che ritieni regole della Shariʿa

L’espressione di Ftah esprime raccapriccio. Yinuo lo guarda e aggiunge: «Non consiste la tua religione nell’esser sottomesso a Dio? Be’ non ha gradito il tuo tentativo di essere uno Shahīd. Ti rimanda alla casella di partenza: per far meglio. Ho vissuto in diversi paesi a maggioranza islamica e in ognuno ci sono usi diversi, leggi diverse, modi diversi di pregare. Non c’è un Islam, ma molti».

Ftah, scosso, guarda Kader. Cerca sostegno. Ma Kader ha bocca ed occhi spalancati in un’espressione di stupore.

Nella lingua della sua etnia, interviene Pedro, un giovane rifugiatosi a Rio Cansado per sfuggire alle persecuzioni anticristiane: «Dovrà esserci libertà religiosa. Basta con le persecuzioni contro persone buone a causa della loro fede».

Ftah sembra perplesso. Pedro lo guarda e aggiunge: «E se rinascessi musulmano, ma in un paese che proibisce l’Islam?»

Ftah cede. Vada per la libertà religiosa.

Parlo anch’io, in italiano, e tutti capiscono: «E le altre libertà? Se c’è la libertà religiosa dovrà esserci anche la libertà di pensiero e perché il pensiero non sia inutile, la libertà di parola e, dato che la parola serve a comunicare, la libertà di riunione…»

Ftah vorrebbe porre un limite almeno alla libertà di parola: «No a parole blasfeme!»

Ora che abbiamo incontrato Dio, lo pensiamo tutti: offenderLo ci pare inconcepibile.

Pedro offre la soluzione: «Lo abbiamo capito: Dio non ha bisogno che ci mettiamo a punire per conto suo. Se vuole, puo farlo da solo. I bestemmiatori si chiariranno con lui».

«E l’ordinamento politico?» chiedo io.

«C’è una sola possibilità: queste libertà richiedono una democrazia, in cui le idee si confrontino liberamente, le cariche pubbliche siano attribuite per via elettiva e la legge uguale per tutti». Così sostiene Kaur Ramanpreet, un’indiana che a Rio Cansado era solo di passaggio.

In effetti, lo pensiamo tutti, come potrebbe un regime non democratico andar d’accordo con le libertà di pensiero, parola e riunione?

E sul piano sociale?

Paulo, militante del PCCB, Partido Comunista de Capo Branco, propone: «Creiamo una società libera, ma comunista, senza proprietà privata, con perfetta uguaglianza».

Insorgono in molti.

Il comunismo, penso, non ha dato buona prova di sé nel mondo. Non possiamo sacrificare le libertà all’uguaglianza.

Non è questa, però, l’obiezione che viene immediatamente proposta: «Così – sostengono più voci – staremo peggio. Pochi sono motivati ad impegnarsi a fondo se poi veniamo trattati tutti allo stesso modo. L’uguaglianza sociale ed economica uccide il merito. La società non produce benessere e tutti restano più poveri. Bisogna che i più capaci ed attivi possano godere del frutto del loro impegno: la proprietà privata è indispensabile!»

«Ma così – contesta Paulo – i poveri e gli svantaggiati resteranno nella miseria. E se toccasse a voi nascere disabili o in una famiglia povera?»

Interviene ancora Yinuo: «Semplice: il benessere dei più abili e fortunati non sia puramente egoistico. Il loro vantaggio deve portare ad un miglioramento delle condizioni degli altri, soprattutto dei più sfortunati, un po’ come essere membri di una stessa famiglia: i più capaci e fortunati aiutano gli altri. Basta un buon sistema di tasse progressive e di servizi sociali».

Quanto abbiamo discusso? Qui non si coglie il passar del tempo. Però ci sentiamo pronti.

La luce ci parla: è il momento. Che ci aspetta ora?

Il tunnel oscuro si apre. Lo percorriamo in senso opposto.

Eccoci. Strano! Cosa è andato storto? Siamo di nuovo in Praça da República, prima dell’attentato. Il furgone è sempre davanti al passo carraio.

È qui il mondo nuovo da creare? Tocca a noi costruirlo? Ci ha detto: “rinascerete diversi” per farci abbandonare i nostri egoismi.

Kader è in mezzo alla piazza, sotto i suoi abiti scorgo la cintura esplosiva. Che farà?

Si prostra a terra. Prega in arabo. Lo capisco: «In nome di Dio, il Compassionevole, il Misericordioso…» Poi torno a non comprendere una lingua che non ho mai appreso.

Scendo dall’auto. Mi avvicino. Parlo in portoghese, qui quasi tutti lo conoscono. Lo abbraccio e lo invito ad entrare nell’ambasciata.

E Ftah? È ai margini della piazza, con la cintura esplosiva. Faccio un cenno amichevole. Fugge.

Non si è fatto esplodere, ma non accetta di impegnarsi per un mondo diverso da quello che aveva in mente. Neanche Dio è bastato. Però voglio ancora sperare. Arrivederci, Ftah.

Descrizione dell'Opera: Quali regole vorremmo per una società pacifica e giusta? Il racconto ipotizza una risposta.