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Una luce di pace

Autore: Francesco Brusò

Una luce di pace

Una luce, una piccola luce è ancora accesa in quell’immenso palazzo di cemento che sembra abbandonato.

Le finestre sono state coperte da tendaggi che all’esterno non fanno capire se è abitato, ma lì c’è l’inizio di una nuova pace.

Aamaal è una bambina di dieci anni. Ha mani piccole e delicate, la prima cosa che fa quando arriva in quell’edificio è lavarsi le mani per togliere la polvere, è un rito magico quasi a voler eliminare quanto si trova fuori da quel cubo di cemento armato. Ora è davanti a quella luce fioca, chi gli è vicino osserva quei suoi capelli neri corvino e la carnagione olivastra tipica mediorientale. Sta disegnando un grande fiore. Quanti ne ha disegnati nella sua breve vita ed ogni volta è’ indecisa se colorarlo di un rosso vivo o di un bel celeste: di solito opta per il celeste. Il rosso gli ricorda troppo il sangue che ha visto uscire da suo fratello ucciso dai soldati. Aamaal poche volte racconta con le parole quanto è successo ma i suoi occhi descrivono benissimo il suo stato d’animo. Rami, così si chiamava suo fratello quella sera era curioso di vedere se le milizie israeliane erano ancora lì a controllare i palestinesi. Ha spostato la tenda e un cecchino, per paura, ha aperto il fuoco uccidendolo sul colpo.

Aamaal, che in arabo vuol dire speranza, è una figlia di rifugiati all’interno del campo profughi di Aida, alle porte di Betlemme. Il significato di Aida è colei che spera di rientrare. I profughi vivono lì ormai da più di quarant’anni e dal migliaio che si erano rifugiati nel 1943 ora sono ammassati negli stessi spazi in più di seimila anime. Le strade polverose sono un pullulare di gente giovane che al primo impatto sembrano senza speranza. Le lotte tra palestinesi e israeliani stanno portando solo odio e distruzione. Agli occhi del mondo sembra che non ci siano soluzioni. In questo posto, invece, venticinque anni fa un gruppo di giovani ha fondato il centro Alrowwad. Il nome di quel luogo non è stato dato a caso e significa pionieri. L’idea brillante era trasformare le parole di guerra in pace attraverso l’arte. Quei giovani rivoluzionari avevano sin da subito capito che l’uomo se rimane nella povertà e nella rabbia non avrà futuro. La bellezza, che può essere creata tramite l’arte, porta anche un senso di serenità nell’animo delle persone. La bimba è una dei tanti che partecipa a questo esperimento di pace, lei in particolare è un talento naturale del disegno e così con pochi tratti è capace di far fiorire fiori tra le macerie.

Per arrivare in quell’isola di pace ogni giorno esce dalla sua casa e saluta i suoi genitori come se fosse l’ultima volta. Suo padre ora è disoccupato. Lui, abile muratore, non può più attraversare una delle sette porte sovrastate da altrettanti torri di vigilanza costruite nel 2002 che separano il campo profughi dal resto della città. In questo momento storico i muri esterni sono ancora più alti dei muri interni dell’odio e del disprezzo per “l’altro”. Aamaal invece grazie a quanto sta facendo ha compreso come solo la pace in tutte le sue forme potrà finalmente porre fine al dolore e alle divisioni.

Accanto a lei è seduto Alì che ha qualche anno in più. Le sue mani sono abili nel trattare quel legno d’olivo duro come il cuore di molte persone e di trasformarlo in piccoli presepi che vengono venduti ai turisti.

Anche lui è vittima di questa assurda guerra. Sua madre è morta “martire” cinque anni fa: si è fatta esplodere nella vicina città di Gerusalemme. Ora Alì vive con gli altri suoi fratelli più grandi che carichi di rabbia vorrebbero che anche lui seguisse le orme di sua madre. Il padre invece la pensa diversamente e spera che suo figlio possa lasciare questo posto e così l’ha iscritto al programma del centro Alrowwad.

Alì, grazie al lungo lavoro degli operatori del centro sta trasformando la sua rabbia e scarica in quelle statue, che attualmente non possono essere vendute ai turisti per la continua guerra, una luce di pace; sembrano costruite con una armonia unica.

Al centro lavora come volontario Milad che di anni ne ha ventisei ed ogni giorno raggiunge il campo per insegnare ai ragazzi a suonare la chitarra. La musica è una delle arti che meglio trasforma la rabbia in gioia. Ogni giorno percorre la distanza tra il centro di Betlemme e quel palazzo di cemento con il rischio di trovarsi nel bel mezzo di un raid. Non ci sono posti sicuri e tranquilli e la guerra non guarda in faccia nessuno. Milad è figlio di un israeliano e di una palestinese è la congiunzione reale ad un nuovo futuro. Si è sempre sentito un “diverso” uno che non fa parte di alcuna fazione ma ha imparato che i ragazzi di Aida senza di lui sarebbero in balia dell’odio.

Anche oggi le tende sono chiuse e sembra tutto essere estremamente funereo. La luce fioca interna invece si trasforma grazie alle persone presenti all’interno di quel grande palazzo in una vera luce di pace.

Descrizione dell'Opera: E' un racconto che partendo dalla realtà di crisi tra palestinesi e israeliani parla di pace e di superamento dell'odio tramite l'arte. Sono un amministratore di condomini e scrivo racconti per diletto. Ho partecipato a diversi concorsi letterari ricevendo diversi riconoscimenti. Lo scorso anno al Vostro premio sono arrivato terzo.