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Una telefonata…un libro…una bambina

Autore: Paola Carelli

Una telefonata…un libro…una bambina

“Mamma, sono qui…cadono le bombe…gli zii sono feriti…Io no…mamma, ho paura, vieni!”…sono forse state queste le parole di Hindi mentre impaurita da spari e scoppi aspettava, invano, l’arrivo dei soccorsi…soccorritori anch’essi periti nell’assolvimento del proprio dovere: salvare vite umane…

Pace! Pace! Pace al mondo e nel mondo, è il grido del Papa e che si leva da parte di tutti coloro che hanno “buon senso”, da parte di tutti coloro che ritengono che la guerra sia uno strumento insulso, ingiusto, inutile e perverso, voluto da persone altrettanto perverse e folli che ritengono di poterlo usare a proprio piacimento noncuranti della vita degli altri…

Erano questi i pensieri di Cathy mentre leggeva con sgomento le ultime notizie su Internet: la bimba di cui si erano perse le tracce per due settimane, fuggita sotto i bombardamenti sulla macchina con gli zii perché faceva freddo, in cerca di un rifugio, era stata ritrovata morta con il resto della famiglia; o ancora: la bimba fatta venire alla luce da una mamma in stato di morte celebrale e diventata un simbolo di speranza per quei popoli dalla storia martoriata, non ce l’aveva fatta…“Ma com’è possibile che non si possa trovare una soluzione per questi due popoli così vicini e così lontani allo stesso tempo? Perché continuano a distruggersi a vicenda, a sacrificare vite umane, vittime innocenti di una lotta che sembra tribale nei modi, nelle esecuzioni sommarie, nella crudeltà più efferata, specie contro i bambini…cosa c’entrano i bambini, quale male possono aver fatto…quale colpa…l’unica, forse, non scelta, di essere nati nella “parte sbagliata” del mondo…o, nel momento sbagliato…”

Qualche giorno prima, in classe con i suoi studenti, Cathy aveva parlato dell’importanza della Pace e degli sforzi comuni per poterla e doverla mantenere, del ruolo cruciale dell’Europa così strategicamente “vicina” alle due guerre in corso l’una ad Est e l’altra al di là del mare: aveva sottolineato la sua totale fiducia nella capacità delle diplomazie internazionali, aveva ribadito l’importanza e  la forza delle idee, quanto le parole potessero essere al tempo stesso “macigni”, “spade” ma anche portatrici di Speranza, Unione, Carità, Fratellanza…Gli studenti, nelle varie classi, anche in seguito a webinar specifici, avevano riflettuto, in silenzio o ad alta voce, sull’accaduto delle ultime settimane rispetto all’una o all’altra guerra, ritenendo anch’essi che una soluzione dovesse essere trovata, che non ci si poteva abituare a sentire di morti, di intere famiglie in fuga in cerca di un posto dove poter “stare tranquilli”, di bombardamenti continui sulle città, di civili uccisi mentre andavano a prendere l’acqua necessaria per sopravvivere in posti di fortuna o nei bunker, di quella famiglia : madre, padre e due bambini piccoli in Ucraina che stavano attraversando e, dall’altra parte della strada non erano mai arrivati, vittime innocenti dell’ennesima bomba, tutti insieme, nessun sopravvissuto…

Solo un mese prima erano andati a visitare a Roma, organizzata dall’Istituto Buddista Italiano,  la mostra itinerante “Senzatomica: Trasformare lo spirito umano per un mondo libero da armi nucleari”, ed erano stati attentissimi al video nel quale gli “hibakusha” (sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki) raccontavano le loro storie ed il loro bisogno, diventato un “must” – obiettivo nella loro vita, di fermare una tale crudeltà e di quali effetti, conseguenza di quelle bombe, si stesse ancora pagando lo scotto, di far capire quanto importante fosse il valore di ogni vita umana…

In silenzio, dopo aver indossato i visori che li avevano “proiettati” nelle due città ed averne visto la bellezza prima, la distruzione umana ed il panorama quasi spettrale di quegli edifici in parte rimasti in piedi ma sventrati poi, e la ricostruzione, avevano seguito le spiegazioni della guida che per ben 50 minuti si era soffermata sui vari pannelli, ne aveva sottolineato le scritte, le immagini, i dati, invitando tutti ad una riflessione personale, tutta interiore…

Al rientro e nei giorni seguenti gli studenti erano stati tutti compatti nel dire di aver appreso molto in termini di “sforzi dei Potenti” e conseguenti trattati per il disarmo nucleare, ma che il momento che avevano gradito di più, quello “forte” che li aveva colpiti e coinvolti maggiormente, era stato il momento finale, quello in cui, in  cerchio, era stato chiesto loro di esprimere le proprie emozioni e nel quale anche i più timidi, avevano detto “la loro”: Inadeguatezza, Paura, Tristezza, ma anche Fiducia, Rispetto, Speranza, Compassione, Dignità, Amicizia, Fratellanza…quella Brotherhood of Man, come nella canzone “Imagine” di J. Lennon –  rifletteva Cathy –  cui viene spontaneo pensare e che, per contro, è così difficile da realizzare…

Eppure, tra “gli uomini di buona volontà”, annoveriamo anche medici italiani, quegli stessi che con interventi salvavita hanno operato una bimba proveniente dai territori in guerra e che, grazie ad una missione umanitaria internazionale, dopo un viaggio difficilissimo ed in condizioni molto precarie, oggi vive con “un cuore” nuovo…Perché, perché – si ripeteva Cathy – accanto a persone che si dedicano agli altri, ai tanti missionari nelle terre sperdute di Africa, Asia, Sud America, così come quegli operatori della Mezzaluna Rossa morti per andare a salvare Hindi,  devono poi esserci persone noncuranti della sorte altrui, che uccidono senza un motivo o per un “non motivo”, accecati dalla mania di onnipotenza che colpisce a tutti i livelli…Quanti esempi nella storia dell’uomo dall’epoca antica…possibile che ciò che è già accaduto non sia di monito, non sia di insegnamento per evitare che riaccada?, che ancora una volta ci sia Ingiustizia, Sopraffazione, Sfruttamento del più povero, del più indifeso, del più debole…

A tutto ciò continuava a pensare, quando, cercando un altro brano di letteratura da leggere e  spiegare nelle sue classi, si imbatté nella lezione di Ed. Civica su Malala e ne rilesse la storia, ne “sentì” la determinazione, ne percepì la forza: quella bambina di soli 11 anni, perseguitata da persone abiette e soprattutto incolte,  che volevano impedirle di studiare, aveva compreso che la cultura avrebbe potuto cambiare il mondo, aveva lottato per i suoi diritti di “persona” ed aveva ottenuto il diritto all’istruzione per sé e per gli altri…la sua lotta contro la sopraffazione e per il diritto all’istruzione dei bambini,  concretizzata in un’onorificenza prestigiosa: il Premio Nobel per la Pace nel 1914 . “Dobbiamo imbracciare i libri e le penne, perché sono le armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo“: queste le sue parole, che dire? Ha già detto tutto – pensò Cathy…